Legislatura 16º - Disegno di legge N. 733

RELAZIONE

Onorevoli Senatori. – Con il presente disegno di legge il Governo intende rispondere all’aggressione della criminalità diffusa ed all’attività riconducibile alla criminalità organizzata, fenomeni che incidono direttamente sulla sicurezza dei cittadini.

    Tale disegno di legge è strettamente collegato al decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica (atto Senato n. 692) che il Governo ha deciso di emanare per soddisfare la richiesta di sicurezza avanzata dai cittadini, i cui contenuti affrontano con immediatezza il tema dell’illegalità diffusa, della sicurezza urbana, compresa quella derivante dalla circolazione stradale, e del contrasto alla criminalità organizzata.
    La necessità dell’intervento normativo oggi proposto trova le sue radici nella insufficienza di apposite misure che consentano di contrastare con efficacia il degrado urbano, l’illegalità diffusa e la criminalità organizzata, fenomeni che minano i fondamenti della convivenza civile e che possono essere contrastati attraverso la previsione e l’attuazione di appositi strumenti normativi che siano in grado di rispondere con maggiore efficacia alla domanda di effettività dell’intervento penale.
    Il disegno di legge si compone di 20 articoli.
    I primi due articoli intendono ampliare gli strumenti di tutela per gli anziani e per le persone portatrici di minorazione fisica, psichica o sensoriale che purtroppo hanno, troppo spesso, costituito un facile bersaglio per i criminali.
    L’articolo 3, che interviene sulla legge in tema di cittadinanza – legge 5 febbraio 1992, n.  91 – mira a limitare il fenomeno dei matrimoni cosiddetti «di comodo» finalizzati ad una più celere acquisizione della cittadinanza italiana.
    Gli articoli 4 e 5 rafforzano la tutela del decoro urbano anche attraverso modifiche che riguardano il reato di danneggiamento, il reato di deturpamento ed imbrattamento di cose altrui e l’occupazione di suolo pubblico (articolo 7).
    Un’attenzione particolare è stata conferita alla tutela dei minori dagli articoli 6 e 8 ove vengono previste, rispettivamente, un’aggravante per i reati commessi in concorso con i minori e il nuovo reato che punisce l’impiego dei minori stessi nell’accattonaggio.
    L’articolo 9 introduce il delitto di ingresso illegale nel territorio dello Stato.
    Con gli articoli 10, 11, 12, 13, 14 e 15 vengono introdotte alcune modifiche alla disciplina sulle misure di prevenzione previste dalla legge 31 maggio 1965, n. 575, recante disposizioni contro la mafia, volte a migliorare il sistema delle norme deputato alla lotta alla criminalità organizzata. L’articolo 16 introduce modifiche al sistema dell’iscrizione anagrafica.
    L’articolo 17 detta disposizioni per contrastare il fenomeno del riciclaggio connesso all’uso del money transfer e l’articolo 18 introduce ulteriori modifiche al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
    L’articolo 19, infine, riguarda la disciplina del fermo del veicolo in caso di gravi violazioni al codice della strada, quando il veicolo appartiene ad un soggetto diverso dall’autore del reato. L’articolo 20 prevede la copertura finanziaria.
    Esaminando in maniera più specifica le singole norme, si fa presente quanto segue.

    L’articolo 1 modifica la formulazione della circostanza aggravante comune di cui all’articolo 61, primo comma, numero 5), del codice penale, precisando che l’ipotesi di «minorata difesa» può configurarsi anche nel caso in cui l’autore del reato abbia profittato dell’età avanzata della persona che ha subìto il danno.
    L’articolo 2 amplia la tutela penale che l’ordinamento contempla in favore delle persone portatrici di minorazione fisica, psichica o sensoriale. In particolare, la modifica inserisce all’articolo 36 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, recante legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate un aggravamento di pena qualora le fattispecie di reato ivi contemplate siano commesse in danno delle persone nelle suddette condizioni. In questo modo si cerca di porre un rimedio al fenomeno sempre più frequente della commissione di reati dove il soggetto passivo è persona incapace di provvedere a sé stessa in modo completo.

    Il disegno di legge si propone altresì di contrastare il fenomeno, purtroppo sempre più frequente, dei cosiddetti «matrimoni di comodo» che da un lato foraggiano l’attività criminale e dall’altro possono risolversi in un danno per persone in cerca di un affetto. Su tale fronte, l’articolo 3 stabilisce termini più rigorosi per l’acquisto della cittadinanza iure matrimonii (ridotti della metà in presenza di figli nati dai coniugi) prevedendo che il regime matrimoniale debba sussistere anche nel momento, successivo, dell’adozione del decreto del Ministro dell’interno di conferimento dello status civitatis.
    Con l’articolo 4 e seguenti, si entra nel vivo delle misure di contrasto dalla cosiddetta «illegalità diffusa», intervenendo su fattispecie considerate «minori», ma che incidono notevolmente non tanto sulla «vivibilità» dei centri urbani, quanto su quelle condizioni minime di cura del territorio dalle quali partire per reimpostare politiche attive di risanamento e di promozione della legalità.
    In particolare, l’articolo 4 contempla, in materia di reato di danneggiamento, una disciplina connotata da una maggiore efficacia deterrente a tutela di particolari e rilevanti beni.
    In tale ambito, il comma 1 introduce, al secondo comma dell’articolo 635 del codice penale, il numero 3-bis, aggravando la pena base stabilita per il reato di danneggiamento anche nel caso in cui la condotta criminosa sia commessa su immobili sottoposti a risanamento edilizio o ambientale. Relativamente a tutte le ipotesi aggravate di cui al medesimo secondo comma dell’articolo 635, è previsto, inoltre, che la sospensione condizionale della pena sia sempre subordinata all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero, se il condannato non si oppone, alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un periodo di tempo non superiore alla durata della pena sospesa.
    L’articolo 5 modifica il secondo comma dell’articolo 639 del codice penale (Deturpamento e imbrattamento di cose altrui), prevedendo un aumento di pena qualora la condotta diretta a deturpare o a imbrattare abbia ad oggetto immobili sottoposti a programmi di risanamento edilizio o ambientale o altri immobili, sempre che da tale condotta consegua un pregiudizio del decoro urbano. In questo caso, la possibilità di una sanzione ad effetto riparatorio è nel sistema, in quanto si tratta di un reato rimesso alla competenza del giudice di pace e trovano, quindi, applicazione le disposizioni del capo VIII del titolo I del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274.
    L’articolo 6 riguarda una grave fenomenologia criminosa, quella della partecipazione di giovanissimi ad azioni criminali gravi. Solo un’azione decisa nei confronti dei correi maggiorenni può realizzare quella deterrenza aggiuntiva che occorre per bloccare il fenomeno prima che l’effetto emulazione e l’evoluzione delle condotte violente che si vanno diffondendo in età scolare rendano il fenomeno inarrestabile, costringendo a scelte punitive forti nei confronti dei delinquenti minorenni. Per questo motivo, l’articolo 6 interviene sull’articolo 112 del codice penale prevedendo l’applicabilità, nei confronti delle persone maggiorenni che concorrono nel reato, dell’aggravante ivi prevista, anche nei casi di partecipazione al reato commesso da un minore di anni diciotto o delle altre persone non imputabili o in condizioni di ridotta imputabilità. Si intende, in altri termini, responsabilizzare ulteriormente il maggiorenne, per creare una sorta di «cintura sanitaria» intorno ai minori delinquenti. Sarà il giudice, nell’applicazione della pena in concreto, a valutare la gravità dei fatti, anche riguardo alla circostanza dell’induzione.
    Con l’articolo 7 vengono proposti alcuni interventi normativi in materia di occupazione abusiva del suolo pubblico. In particolare, il comma 1 prevede che, nei casi di indebita occupazione di suolo pubblico, ai sensi degli articoli 633 del codice penale e 20 del decreto legislativo n. 285 del 1992, recante il nuovo codice della strada, il sindaco, per le strade urbane, e il prefetto, per quelle extraurbane o, comunque, per motivi di pubblica sicurezza, possano ordinare l’immediato ripristino dello stato dei luoghi a spese degli occupanti e, nel caso di occupazione per motivi commerciali, la chiusura dell’esercizio fino all’adempimento dell’ordine e del pagamento delle spese o della prestazione di idonea garanzia.
    Tale forma di «ravvedimento operoso» degli occupanti costituisce, indubbiamente, uno degli aspetti più innovativi della riforma, tanto che le stesse prescrizioni vengono estese, con il comma 2, all’esercente che ometta di adempiere agli obblighi inerenti alla pulizia e al decoro degli spazi pubblici antistanti l’esercizio.
    Il comma 3 prevede, altresì, che qualora si tratti di occupazione a fine di commercio, la trasmissione del relativo verbale di accertamento, da parte dell’ufficio accertatore al comando della Guardia di finanza competente per territorio. Tale modifica è volta ad assicurare, anche in tali casi, l’applicazione della disposizione di cui all’articolo 36 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, ai sensi della quale «i soggetti pubblici incaricati istituzionalmente di svolgere attività ispettive o di vigilanza nonché gli organi giurisdizionali, requirenti e giudicanti, penali, civili e amministrativi e, previa autorizzazione, gli organi di polizia giudiziaria che, a causa o nell’esercizio delle loro funzioni, vengono a conoscenza di fatti che possono configurarsi come violazioni tributarie devono comunicarli direttamente ovvero, ove previste, secondo le modalità stabilite da leggi o norme regolamentari per l’inoltro della denuncia penale, al comando della Guardia di finanza competente in relazione al luogo di rilevazione degli stessi, fornendo l’eventuale documentazione atta a comprovarli».
    
L’articolo 8 reca norme a tutela dei minori. In particolare la norma delinea, alla lettera a), una nuova fattispecie di reato, vale a dire l’impiego di minori nell’accattonaggio (articolo 600-octies del codice penale), con l’obiettivo di punire la condotta di chi si avvale, per mendicare, di una persona minore degli anni quattordici o, comunque, non imputabile, ovvero permette che tale persona, ove sottoposta alla sua autorità o affidata alla sua custodia o vigilanza, mendichi, o che altri se ne avvalga per mendicare.
    L’articolo introduce, infine, alla lettera b), l’articolo 602-bis del codice penale che prevede l’applicazione di una pena accessoria (perdita della potestà del genitore e interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente all’amministrazione di sostegno, alla tutela e alla cura) nel caso in cui i reati di cui agli articoli 600 del codice penale (riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù), 601 del codice penale (tratta di persone) e 602 (acquisto e alienazione di schiavi) siano commessi dal genitore o dal tutore.

    Con l’articolo 9 viene inserita nell’ordinamento la fattispecie penale dell’ingresso illegale nel territorio dello Stato. In particolare viene sanzionato penalmente colui che si introduce in Italia violando la normativa contenuta nel testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. La norma prevede la sanzione della reclusione da sei mesi a quattro anni e l’obbligatorietà dell’arresto dell’autore del reato che sarà giudicato con rito direttissimo. Viene previsto, inoltre, che il giudice, nel pronunciare sentenza di condanna, ordini l’espulsione dello straniero.
    Gli interventi in materia di lotta alla criminalità organizzata sono contenuti nei successivi articoli attraverso l’introduzione di alcune modifiche alla legge 31 maggio 1965, n. 575, recante disposizioni contro la mafia. In particolare l’intervento previsto nell’articolo 10, che modifica l’articolo 1 della citata legge, è volto ad imprimere maggiore impulso all’azione di contrasto alla criminalità organizzata attraverso l’aggressione ai patrimoni illeciti, colmando un evidente difetto di coordinamento di norme intervenute nel tempo che impedisce all’ufficio giudiziario titolare delle indagini preliminari in materia di delitti connessi con la criminalità organizzata di avviare le indagini patrimoniali finalizzate all’applicazione delle misure di prevenzione e, soprattutto il potere di proporre sequestri e confisca ai sensi della legge n. 575 del 1965.
    L’articolo 11 interviene sull’articolo 2-ter della citata legge n. 575 del 1965. L’intervento è finalizzato a consentire la confisca anche dei beni di cui il soggetto non possa giustificare la legittima provenienza e di cui, anche per interposta persona, ne risulti titolare in valore sproporzionato rispetto al reddito dichiarato ai fini delle imposte o all’attività economica condotta, analogamente a quanto previsto in materia di applicazione della misura di sicurezza patrimoniale, a seguito di condanna, ai sensi dell’articolo 12-sexies, comma 1, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356.
    L’articolo 12 è volto a superare, sempre con riferimento all’articolo 2-ter della citata legge n. 575 del 1965, un profilo di criticità costituito dalla natura accessoria delle misure di prevenzione patrimoniale rispetto a quelle personali, prevedendo che le misure di prevenzione patrimoniale possano essere applicate anche disgiuntamente rispetto alle misure di prevenzione personali, consentendo così all’autorità giudiziaria di aggredire il patrimonio mafioso anche in caso di morte del proposto o del sottoposto.
    Al fine, pertanto, di contrastare più efficacemente la criminalità organizzata incidendo su uno degli elementi sui quali la stessa è maggiormente vulnerabile, l’intervento consiste nel passaggio da un approccio incentrato sulla «pericolosità del soggetto» a una visione imperniata sulla formazione illecita del bene che, una volta reimmesso nel circuito economico, è in grado di alterare il sistema legale di circolazione della ricchezza, minando così alla radice le fondamenta di una economia di mercato.
    L’articolo 13 sostituisce l’articolo 2-quater della citata legge n. 575 del 1965. L’intervento è volto a rendere più efficace la disciplina del sequestro dei beni conseguenti all’applicazione delle misure di prevenzione. Lo strumento di prevenzione si coniuga spesso con analoghi strumenti di natura penale sino a creare un sistema coordinato di norme che si integrano a vicenda, pur mantenendosi su piani distinti. Le disposizioni che disciplinano le modalità di esecuzione dei due diversi tipi di sequestro presentano, però, notevoli differenze, poiché all’esecuzione del sequestro previsto dalla legge n. 575 del 1965 si provvede con le modalità previste dal codice di procedura civile, mentre le norme del codice di rito penale si applicano al sequestro preventivo di cui all’articolo 321 del codice di procedura penale per i beni da sottoporre a confisca penale. L’intervento proposto rappresenta un intervento minimo di armonizzazione del sistema.
    L’intervento contenuto nell’articolo 14 è finalizzato a consentire l’affidamento dei beni mobili registrati, in gratuita giudiziale custodia, alle Forze di polizia operanti, analogamente a quanto già previsto in materia di repressione dei reati di contrabbando, immigrazione clandestina, riciclaggio e traffico di sostanze stupefacenti. In tal modo si realizza anche una riduzione delle notevoli spese che l’Erario sostiene per la custodia dei beni mobili registrati sottoposti a sequestro e che, all’esito del procedimento, risultano spesso privi di ogni utilità e di ogni valore commerciale.
    Con l’articolo 15 si fanno confluire le competenze in materia di assegnazione e destinazione dei beni confiscati alle organizzazioni criminali mafiose, in base alla legislazione antimafia, al prefetto della provincia in cui insiste il bene confiscato. La norma intende affidare tale compito al prefetto in ragione delle competenze specifiche attribuite dalla legislazione antimafia al Ministero dell’interno e al prefetto.
    L’articolo 16 introduce la disposizione secondo cui l’iscrizione anagrafica è subordinata alla verifica delle condizioni igienico-sanitarie, richieste dalla normativa vigente, dell’immobile in cui il richiedente intende fissare la propria residenza.
    Con l’articolo 17 viene introdotta una nuova misura per contrastare il fenomeno di riciclaggio connesso all’uso del cosiddetto money transfer, consistente in quei trasferimenti di denaro che sfuggono ai controlli della normativa antiriciclaggio finendo, così, nel circuito del finanziamento del terrorismo e della criminalità organizzata. L’intervento normativo si inserisce nella «disciplina amministrativa degli esercizi pubblici di telefonia e internet», di cui all’articolo 7 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, recante misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale, attraverso l’introduzione di un nuovo comma, nel quale viene disposto che il gestore degli esercizi di telefonia e internet autorizzati a prestare servizi volti al trasferimento di denaro deve provvedere ad acquisire copia del documento di identità del richiedente il servizio. Qualora quest’ultimo sia straniero, deve essere acquisita anche la copia del titolo di soggiorno segnalando il servizio erogato con la documentazione raccolta alla locale autorità di pubblica sicurezza. L’inosservanza delle prescrizioni comporta la revoca dell’autorizzazione all’esercizio commerciale.
    L’articolo 18 introduce ulteriori modifiche al citato testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
    In particolare, la lettera a) modifica l’articolo 5 del citato testo unico, inserendo tra i reati che valgono ad orientare il giudizio di pericolosità dello straniero, in sede di esame di una richiesta di rinnovo ovvero di revoca di un permesso di soggiorno per motivi familiari, quelli per i quali il codice di procedura penale prevede l’arresto obbligatorio in flagranza.
    La lettera b) apporta due modifiche all’articolo 14 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998: la prima intesa a prolungare il periodo di permanenza in un centro di permanenza temporanea e assistenza del cittadino straniero, in attesa dell’espletamento degli adempimenti necessari all’esecuzione del provvedimento di espulsione. Il termine massimo del trattenimento è fissato in diciotto mesi, anticipando per tale aspetto il contenuto di una proposta di direttiva europea recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di Paesi terzi soggiornanti illegalmente, attualmente, in fase avanzata di definizione. I periodi di trattenimento, sempre convalidati dall’autorità giudiziaria, sono fissati in sessanta giorni, prorogabili di un uguale periodo laddove permangano ostacoli alla identificazione dello straniero e quest’ultimo non cooperi a tal fine. La seconda modifica all’articolo 14 aumenta i limiti edittali (reclusione da due a sei anni anziché da uno a cinque anni) della sanzione penale prevista per lo straniero che rimane nel territorio nazionale in violazione dell’intimazione a lasciarlo connessa ad un decreto di espulsione già reiterato a seguito di una prima violazione dell’ordine del questore di lasciare il territorio nazionale.
    L’intervento normativo proposto con l’articolo 19 completa quello contenuto nell’articolo 4 del richiamato decreto-legge n. 92 del 2008, concernente la confisca del veicolo in caso di guida in stato di ebbrezza con un tasso alcolemico superiore ad un determinato limite, ovvero sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. In particolare, viene introdotto un nuovo comma 2-sexies all’articolo 186 del nuovo codice della strada di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, con il quale, nella stessa situazione di guida in stato di ebbrezza che determina la predetta confisca, si prevede l’applicazione, con la sentenza di condanna o di «patteggiamento», della sanzione accessoria del fermo amministrativo del veicolo quando lo stesso appartenga ad un soggetto estraneo al reato. Tale misura è altresì adottata in via provvisoria, ovviamente per un periodo inferiore, dall’organo accertatore nel momento dell’accertamento del reato. Contro il provvedimento provvisorio è ammesso reclamo al tribunale competente.
    La medesima disposizione si applica anche nei casi di guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, per effetto del rinvio operato dal nuovo periodo introdotto all’articolo 187, comma 1, del nuovo codice della strada di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.