Ivo Allegrini, esperto del Cnr, va controcorrente: i valori rilevati 30 anni fa ci farebbero accapponare la pelle

«Ma l'aria di un tempo era molto più pesante»

di Antonio Giorgi
Milano.Ancora mezzo secolo fa o poco più, su ogni miglio quadrato della superficie urbana di Malvern - amena cittadina termale del Regno Unito presa ad esempio per la purezza dell'atmosfera - si depositavano ogni mese cinque tons di materiali solidi di sospensione. Nel 1986 - quando già la coscienza ambientalista aveva fatto grandi passi avanti - le sole emissioni di zolfo superavano in Gran Bretagna i 3,70 milioni di tons. Per forza lassù avevano - loro sì - lo smog, combinazione di fumo (smoke) e nebbia (fog). Per non limitarci agli esempi forniti dalla casistica d'Oltre Manica converrà ricordare che negli anni Settanta era facile vedere a Milano carrozzerie di auto corrose da quella nebbia umida che trascinava con sé microparticelle di un acido per nulla innocuo, l'acido solforico. Quanto acido finiva sulla nostra pelle e nei nostri polmoni? Oggi nelle città la nebbia non c'è più, lo smog tanto meno, addirittura possiamo sostenere che da noi non ci sia mai stato (sopravvive tuttavia nei titoli dei giornali) e l'aria - grazie al cielo - è infinitamente più salubre di quella di un passato appena dietro l'angolo.
L'ultima affermazione può sembrare controcorrente rispetto alla contingenza, addirittura provocatoria a fronte degli allarmi lanciati con ossessiva insistenza in questi giorni. Ma uno studioso come Ivo Allegrini, abituato a ragionare a fondo su questi problemi, ha l'abitudine di parlare chiaro. Scandisce le parole: «Venti, trenta, quarant'anni fa i carichi inquinanti dell'aria erano sicuramente molto più pericolosi per la nostra salute. Questo non si discute perché è fuori di ogni dubbio».
Allegrini non si esprime a vanvera, il ruolo che ricopre non glielo consentirebbe. Allegrini è il direttore dell'Istituto inquinamento atmosferico del Cnr, il Consiglio nazionale delle ricerche.
Certo, l'inquinamento è cambiato nelle sue molteplici forme. Ha subito una trasformazione epocale sia nella qualità che nella quantità. «Nel passato abbondavano residui di combustione e prodotti a base di zolfo perchè venivano utilizzati combustibili poco puliti come il carbone e l'olio pesante, che contiene alto tenore di zolfo. All'atto della combustione si formavano e venivano disperse nell'aria sostanze sia di natura carboniosa, sia altre solforate. Erano queste ultime - ricorda l'esponente del Cnr - a trasformarsi in minuscole particelle di acido solforico».
Per chi ricordi qualche nozione di chimica elementare il passaggio è chiaro: una anidride che si combina con l'acqua origina un acido, l'anidride solforosa a contatto dell'umidità atmosferica diventava acido solforoso, quella solforica acido solforico.
Poi industria e riscaldamento hanno adottato combustibili e carburanti migliori, a ridotto impatto ambientale. La quantità di zolfo è crollata quasi a zero, ma ci si è mezzo di mezzo il traffico che ha avuto in breve il sopravvento rispetto alle vecchie fonti di inquinamento.
Una evoluzione, quasi una rivoluzione: «Se vogliamo generalizzare, abbiamo oggi nell'atmosfera tutti i prodotti provenienti dagli scarichi veicolari con in aggiunta il Pm 10. Le polveri sottili, le particelle solide di diametro inferiore ai 10 micron, millesimi di millimetri, originano essenzialmente dagli scappamenti». Eppure Allegrini non ha dubbi : «I dati del passato se potessimo confrontarli con quelli di oggi ci farebbero veramente accapponare la pelle. Adesso livelli di Pm 10 di 70 microgrammi a metro cubo o giù di lì fanno scattare l'allarme a Milano. Probabilmente queste soglie 20 o 25 anni fa erano di 700 microgrammi. Una differenza enorme. Se le polveri fanno male ora, a maggior ragione facevano male a quel tempo».
La verità è un'altra, continua il ricercatore del Cnr. La verità è che lo stato dell'atmosfera con il trascorrere degli anni è migliorato, e di gran lunga. «Non è un paradosso. E' proprio così. Sarebbe strano il contrario. Sarebbe strano che dopo anni che parliamo di inquinamento, dopo che abbiamo introdotto le marmitte catalitiche, abbiamo speso un sacco di soldi per le nuove benzine, abbiamo delocalizzato le industrie e cambiato i combustibili l'aria non fosse più sana. Ci mancherebbe altro. Negli ultimi tre decenni scienza e tecnologia non sono state sedute. L'evidenza inoppugnabile dei danni di questi inquinanti ha portato a formulare limiti di concentrazione molto più bassi. In passato opinione pubblica ed amministratori non si mostravano così sensibili a queste tematiche, e del resto le reti di rilevamento erano rozze».
Preso atto che l'aria è migliorata, resta implicito il fatto che si possa e di debba fare altro. La direttiva UE del 96, di cui stanno uscendo adesso le direttive applicabili ai diversi contaminanti, fissa dei valori di riferimento da conseguire tra il 2005 e il 2010: «Limiti abbastanza bassi, molto idonei per la tutela della salute».
Rispetto all'inquinante che costituisce l'emergenza del giorno, il Pm 10, il valore medio non dovrà superare su base annua i 40 microgrammi per metro cubo di aria. Sforamenti giornalieri fino a 50 microgrammi saranno tollerati per non più di 25 volte nel corso di un anno. «Teniamo presente - sottolinea però Allegrini - che nelle località italiane più pulite difficilmente si sta sotto i 15-20 microgrammi. Partiamo da un livello di fondo che è già molto alto. In attesa che si possa disporre di veicoli ad emissione zero la forbice sulla quale potremo agire per il contenimento delle polveri sottili è molto stretta». A meno che delle nuove direttive non ci si voglia limitare ad un recepimento formale, di facciata.