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Seduta del 23/06/2009

Arg. n. 5 – ODG – Progetto di Legge n. 0381:

“Disposizioni in materia di ambiente e servizi di interesse economico generale – Collegato ordinamentale” di iniziativa del Presidente della Giunta regionale.

Discussione generale).

 

FERRETTO CLEMENTI Silvia

 

Grazie, Presidente. Innanzitutto una constatazione: continuiamo a modificare leggi regionali, in modo particolare quelle riferite all’ambiente, e poi, allo stesso tempo, votiamo e chiediamo la semplificazione dei processi e della burocrazia regionale. Le nostre imprese, le imprese della nostra regione, dovrebbero assumere dei plotoni di avvocati solo per star dietro, non solo alla normativa nazionale, ma anche a quella regionale, con la conseguenza che il singolo imprenditore viene messo in condizione di non comprendere le continue modifiche normative attuate sia a livello nazionale che regionale.

Questo solo per iniziare la discussione in merito al provvedimento di oggi su questo Collegato ordinamentale.

Una parte di questo Collegato riguarda la questione delle bonifiche, e, ancora una volta, noi ci troviamo a discutere di bonifiche senza avere la più pallida idea di quello che è stato fatto in questa Regione sulla questione.

Il Consiglio regionale ha deliberato all’unanimità una serie di domande alla Giunta regionale, in modo particolare sulle proprietà delle aree contaminate, sulla natura urbanistica, sulla stima degli oneri necessari per le varie bonifiche, sui finanziamenti concessi, sulle società alle quali sono stati fino ad ora affidati lavori di bonifica. Informazioni che dovevano essere fornite per ogni area contaminata.

Di tutte queste informazioni però non c’è alcuna traccia e per questo non abbiamo la più pallida idea di cosa avvenga in Lombardia in tema di bonifiche. Non sappiamo se in Lombardia esista un monopolio o un duopolio e soprattutto quali siano le azioni intraprese per recuperare i costi delle bonifiche. Così come non sappiamo, perché neanche su questo ci è stata data risposta, dove finiscono i rifiuti che vengono tolti dalle aree contaminate.

Ancora una volta, dunque, a sette mesi di distanza dalla mozione votata all’unanimità dal Consiglio regionale, ci troviamo a deliberare senza avere questo tipo di risposte.

In Commissione ci avevano assicurato che le notizie sarebbero arrivate prima dell’aula; alla fine sono arrivate una settimana fa e ci è stato detto che in quella documentazione avremmo trovato tutte le risposte; senonché, quando sono andata a verificare, ho scoperto che le carte trasmesse alla Commissione Ambiente nulla avevano a che fare con le domande poste, non dalla Consigliera Silvia Ferretto, ma dalla Commissione e dall’intero Consiglio regionale.

Abbiamo quindi rifatto le domande e la Presidente della Commissione ci ha detto che garantiva che prima della discussione in aula quelle risposte ci sarebbero state date, con il risultato che ieri sera alle cinque è arrivato un CD, un cd del quale evidentemente non abbiamo avuto modo di verificare la completezza rispetto ai quesiti posti. Non solo perché è stato fornito un unico CD per tutti i componenti della Commissione, ma anche perché alle cinque di sera molti non erano più in Consiglio e, soprattutto, perché questa mattina e oggi saremmo poi stati impegnati in Consiglio regionale a seguire altri provvedimenti.

Ancora una volta, dunque, dicevo, non abbiamo la più pallida idea di quello che è stato fatto e si sta facendo nel campo delle bonifiche.

Ci hanno detto che questo provvedimento era urgentissimo, come del resto lo sono tutti i provvedimenti che riguardano le bonifiche.

Sono anni, decenni, che ci viene detto che i provvedimenti sono urgentissimi ma le bonifiche da fare sono sempre lì.

Questa volta ci hanno detto che l’urgenza era data dalla vicenda Sisas, per la quale rischiamo di pagare delle multe salatissime dell’Unione Europea proprio perché non ci siamo mossi in tempo.

Per questo è stata fatta una corsa da parte della Commissione. Perché c’era questa urgenza.

A questo proposito, ho trovato un vecchio articolo del 2002: “L’Europa contro la Sisas. La Commissione di Bruxelles deferisce l’Italia”. 2002, non gennaio 2008 quindi non si può certo dire che  non lo sapevamo e che siamo stati presi, così, all’improvviso. Dal 2002 sono passati sette anni. E allora mi chiedo: in questi sette anni cosa è stato fatto per non dover pagare la multa all’Europa?  

Anche se, onestamente, dal mio punto di vista, sarebbe meglio dare soldi all’Europa piuttosto che a chi ha inquinato - ma questa è ovviamente una considerazione personale.

Mi sono riletta tutta la vicenda Sisas alla luce di un interessantissimo saggio, di cui consiglio la lettura anche agli altri Consiglieri regionali. È il Saggio sul dono di un antropologo e sociologo francese che risponde al nome di Marcel Mauss, che scrive questo saggio per dimostrare che in ogni società esiste un dovere di ricambiare i doni.  Anche quando, cioè, ufficialmente e formalmente il dono è un atto liberale e non si basa su alcun contratto scritto con il quale si è tenuti a ricambiare, il dovere di ricambiare esiste ed è un dovere morale. Una consuetudine che si rivela valida ed operativa ovunque. In alcune società questo modus operandi si utilizza addirittura per stabilire una gerarchia sociale e comunque non esiste caso in cui i doni non vengano ricambiati.

E allora quello che mi chiedo è: questo principio vale anche nella nostra società? Io credo proprio di sì.

E se questo principio vale anche nella nostra società, la domanda successiva non può che essere: come sono stati ricambiati i numerosi doni fatti alla Sisas nel corso degli anni?

Perché sono tantissimi i doni che le sono stati fatti, a cominciare dalla concessione delle licenze.

Eppure, c’è stata addirittura una sentenza del Tribunale di Milano, del 9 dicembre 1986 - pensate da quanto tempo si discute di questa vicenda – in base alla quale era stato stabilito l’obbligo per la Sisas, condannata proprio per inquinamento, di bonificare l’area. In questa sentenza di condanna il Tribunale di Milano scrive letteralmente: “Le Amministrazioni sono state troppo accondiscendenti e poco incisive nel tutelare i diritti dei cittadini”.

Dopo questa sentenza il discorso non è comunque cambiato tanto che nel ’98 si è addivenuti ad un accordo, votato poi nel ’99 e firmato, oltre che dalla Regione Lombardia anche dai sindaci dei comuni di Rodano e Pioltello – i quali dunque hanno anch’essi un po’ di responsabilità perché non erano all’oscuro di tutto.

Quando è stata siglata questa porcheria di transazione io ero in Commissione Ambiente e qui ho ancora i verbali che testimoniano la mia presa di posizione e soprattutto le mie previsioni su quello che sarebbe successo e che si è poi effettivamente verificato.

In questi verbali, infatti, io dico e affermo – e potete rileggerli – che a seguito della transazione la Sisas non avrebbe mai rispettato i patti, perché non era prevista una sola forma di garanzia a tutela della Regione.

La Commissione Ambiente, su mio invito, scriveva all’Assessorato che era necessario inserire una clausola fideiussoria a carico della Sisas a garanzia dell’effettuazione dei lavori di bonifica, nonché prevedere la bonifica dell’intera area, perché anche su questo c’è stato un grande imbroglio.

Si parla di tre discariche, ma le discariche non sono tre, ma una. Il Tribunale di Milano, nella sentenza di condanna della Sisas, parla di una discarica, una sola ed è solo per opportunità e per altri motivi che la discarica è stata riclassificata e suddivisa in A, B, C e per questo il dovere di bonifica deve riguardare l’intera area contaminata.

In questo accordo di transazione cui ho fatto riferimento, invece, si parla solo della discarica C, della parte C della discarica, mentre le parti A e B sono state, evidentemente, già abbuonate e non c’è quindi più alcun dovere di bonifica.

Ma non solo, in questo atto di transazione si scrive – e leggo il pezzo perché è importante: “A seguito di consultazioni in sede tecnica le parti hanno individuato un progetto di bonifica e messa in sicurezza della discarica C, che Sisas, senza che questo intervento equivalga ad ammissione in termini giuridici di proprie responsabilità, è disposta ad eseguire previo rilascio delle necessarie autorizzazioni”. Traducendo Sisas dice: voi mi mettete nero su bianco che io non sono il responsabile dell’inquinamento e io bonifico perché sono molto buona, molto brava e molto bella e con un atto di generosità nei confronti della Regione decido di far questo. Non perché ho inquinato, ma solo e soltanto perché sono molto generosa. Un documento che è stato firmato dalla Regione Lombardia, con il quale la Regione Lombardia ha accettato di mettere nero su bianco che Sisas non è responsabile dell’inquinamento; così come aveva messo nero su bianco il fatto che i controlli, e quindi una delle parti principali del processo di bonifica, venissero svolti addirittura dalla Sisas stessa.  Detto in parole povere la Sisas veniva autorizzata a  controllare se stessa. Capite benissimo anche voi che in questo modo non c’è alcuna possibilità di tutelare l’interesse dei cittadini.

In questo documento non c’è in conclusione una sola clausola a favore e a garanzia della Regione.

Ci tengo a ricordate che anche questo accordo di transazione è stato sottoscritto sotto la spinta dell’urgenza: era urgentissimo, bisognava bonificare immediatamente e quindi si doveva scendere a patti. La Regione Lombardia ha così rinunciato alla sua causa, messo nero su bianco che la Sisas non c’entra nulla e ora, con questo nuovo atto che votiamo oggi - anzi che votate oggi perché io questa roba non la voto - scriviamo che gli interventi relativi a questa nuova legge si applicano a coloro che NON sono responsabili della contaminazione. Quindi anche a Sisas, perché noi abbiamo già certificato che non sono loro gli inquinatori, nonostante ci sia una sentenza del Tribunale di Milano che, oltre a stabilire che sono stati loro ad inquinare, li obbligava anche a bonificare.

Questo è quello che è avvenuto.

E allora, dato quanto esposto, mi chiedo: è possibile che gli unici interessi che vengono tutelati sono sempre e solo quelli dei privati? È possibile che nelle vicende delle bonifiche, e in modo particolare in quella della Sisas, l’unico interesse tutelato è sempre quello del privato e mai quello del bene comune?

Credo che qualcuno debba rispondere di questo e quel qualcuno mi deve anche spiegare, in base alla teoria del dono, come sono stati ricambiati o come verranno ricambiati tutti questi doni, perché io non posso credere che l’unica eccezione alla teoria del dono si verifichi in Regione Lombardia o in altre Amministrazioni Pubbliche - perché questo, purtroppo, è un malcostume alquanto diffuso. Ora ci accingiamo, vi accingete, ad autorizzare tutto, così come è stato fatto, a suo tempo, con la cava Ronchi, dove addirittura non abbiamo nemmeno imposto la bonifica.

Per quanto riguarda la Sisas, non è vero che i responsabili dell’inquinamento non ci sono o non si trovano. Al contrario. Sono vivi e vegeti e continuano a fare affari, così come è avvenuto con la cava Ronchi, per la quale non siete riusciti nemmeno ad imporre la recinzione dell’area. Non dico la bonifica, ma la recinzione e per motivi di sicurezza! Ma non solo! Gli è stato pure regalato un cambio di destinazione d’uso e l’area da agricola è stata trasformata in commerciale e su questa sono stati fatti ben tre centri commerciali.  

È questo il modo di far rispettare il principio internazionale del “chi inquina paga”? Io non credo proprio. Qui vige addirittura il principio contrario, quello del “chi inquina la fa franca”, guadagnando e fregando gli imprenditori onesti, che vogliono lavorare rispettando le leggi e vengono messi in condizione di non poter lavorare.

Perché è evidente che non si può competere con coloro che violano le leggi e in più vengono premiati dall’Amministrazione Pubblica. Chi vota questo provvedimento si prende una responsabilità precisa – su questo chiederò anche un intervento della Corte dei Conti perché qui, a mio avviso, si può ipotizzare un danno erariale e non solo.

Coloro che voteranno questo provvedimento saranno corresponsabili di questo scempio e spero che, almeno una volta, ci sia un intervento chiaro a tutela dell’interesse dei cittadini e del bene comune e non solo e soltanto, come è avvenuto finora, a tutela dell’interesse del privato.