Pubblicato su "Fare Verde" - maggio 1998


Chi inquina...PAGHI!


I veleni della discarica Pitelli di La Spezia hanno riacceso il dibattito sull’immenso business del traffico dei rifiuti tossico- nocivi.

Lo smaltimento di 4 milioni di tonnellate di rifiuti tossico - nocivi all’anno avviene in una condizione di emergenza che provoca, da un lato, lo smaltimento illegale di circa il 50% dei rifiuti, dall’altro la totale mancanza di trasparenza sulle operazioni di stoccaggio, trasporto e smaltimento.  

Una mancanza di trasparenza e di controllo che riguarda anche il rilascio delle autorizzazioni e l’ultima vicenda di La Spezia ne è solo la conferma.  

Nella discarica spezzina sono finiti i rifiuti ospedalieri della ECOL SERVICE Italia di Milano. A questa ditta la Regione Lombardia ha rilasciato numerose autorizzazioni - nel 1988, 1993, 1994 e 1996 - e questo nonostante il titolare, Giancarlo Motta, fosse già stato arrestato per corruzione nel 1993 quando tentò di evitare i controlli igienici sanitari sull’attività della ECOL SERVICE.  

La vicenda sulla quale indaga la Procura di Asti è però solo la punta di un iceberg. La Commissione Parlamentare di Inchiesta sulle attività illecite connesse allo smaltimento dei rifiuti ha portato alla luce molte altre realtà, molte delle quali proprio in Lombardia, sulle quali è indispensabile un approfondita indagine (DUCOIL, NITRAL, JELLY WAX).

Ed è proprio la Lombardia una delle regioni più coinvolte nella rotta dei veleni.  

Secondo uno studio di Lombardia Risorse del 1990 e reso pubblico solo da una conferenza del Gruppo regionale di AN, sono 95 le aree contaminate che presentano maggiori rischi e sulle quali è necessario intervenire rapidamente.

Le cause di questi disastri ambientali sono da ricercarsi nella irresponsabilità, e spesso criminale, gestione del territorio e dell’ambiente da parte di una “classe politica” che ha pensato esclusivamente al tornaconto personale, piuttosto che all’interesse della collettività.

L’ambiente e le risorse naturali sono state considerate e  rischiano di essere ancora un Eldorado da depredare.  

Non è un caso che molte vicende di Tangentopoli siano legate allo smaltimento di rifiuti, e non è un caso che, le amministrazioni sciolte per infiltrazione mafiosa, siano state sciolte proprio per episodi legati allo smaltimento dei rifiuti. Mafia, camorra, ‘ndrangheta hanno guadagnato una quantità imprecisata, ma certo altissima di miliardi.  
Negli anni scorsi abbiamo assistito anche al traffico internazionale di rifiuti tossico -  nocivi.  

Il nostro contributo allo sviluppo del terzo mondo non è stato quello di fornirgli i mezzi e le tecnologie per iniziare a produrre e ad esportare prodotti finiti, ma al contrario, quello di “regalargli” tonnellate di rifiuti tossico - nocivi.  

Le soluzioni  a questo problema esistono e devono essere attuate con urgenza.  

In primo luogo è necessario intervenire sulla legislazione vigente, con leggi chiare e severe che scoraggino tutti coloro che vogliono arricchirsi a danno dell’ambiente e della salute dei cittadini.  

E’ necessario, quindi applicare il principio, ormai riconosciuto a livello internazionale, del “chi inquina paga”.  

In  regione Lombardia il gruppo di AN ha presentato una proposta di legge al Parlamento che va in questa direzione.  

Si chiede al Parlamento di rendere responsabili i produttori di rifiuti dello smaltimento finale, si dà alle associazioni ambientaliste la possibilità di promuovere e intervenire nei giudizi per danni ambientali e di ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l’annullamento degli atti illegittimi.  

Infine, per quanto riguarda le spese per la bonifica delle aree inquinate, si chiede che vengano messe a carico del soggetto che ha provocato l’inquinamento, e del nuovo “acquirente” il quale ci si augura, farà maggior attenzione nell’acquisto.  

Un altro intervento necessario è quello di ridurre la quantità e la pericolosità dei rifiuti prodotti, con incentivi fiscali che favoriscano l’utilizzo di tecnologie pulite e di minor impatto ambientale.  

In attesa di leggi nazionali, si rende anche necessario costituire un archivio informatico per la raccolta dei dati sulle “industrie a rischio”, nel quale inserire dati e notizie concernenti società nazionali e internazionali, con particolare attenzione ai lavori svolti, agli appalti ottenuti, alle persone fisiche o società collegate, partecipazioni a raggruppamenti di imprese, procedimenti  penali e indagini in corso.  

Sono questi alcuni dei passi che devono essere compiuti per far sì che l’emergenza non si trasformi in un affare per pochi e in una tragedia per molti.  

                                                Silvia Ferretto Clementi