Tratto da: Il SECOLO d'ITALIA 
del 03/11/1994


Milano, appello contro l’intolleranza

Da tempo la scena politica italiana è caratterizzata da una diffusione strisciante dell’intolleranza.
Intolleranza nei confronti dell’avversario politico, sempre più “nemico” e sempre meno avversario. La psicosi del nemico è ormai dilagante, ormai tutti, o meglio, quasi tutti, sono riusciti a trovarsi un “nemico”. Qualcuno di diverso da insultare, da contrastare con ogni mezzo. Ed è così che l’aula di Montecitorio può essere trasformata non solo in un ring, ma nell’Olimpiade dell’insulto, di parole scelte appositamente per ferire di più; e, se è vero come è vero che può ferire di più la lingua della spada, in politica si ha la più inconfutabile dimostrazione.

Intolleranza non è solo nelle parole urlate negli scontri alla Camera. L’intolleranza vera è quella quotidiana, quella di tutti i giorni, nelle scuole, nelle piazze, negli stadi. Quell’irresistibile bisogno di crearsi un nemico, di trovare qualcuno da odiare; e quando l’odio è collettivo, allora funziona ancora meglio, ci si sente più uniti e più forti e si riesce a rinsaldare quel legame di gruppo che è sempre più difficile creare.

Così, di volta in volta, il “capro espiatorio”, il nemico, può essere incarnato dall’extracomunitario, bersaglio preferito dai naziskin o di qualche altra testa vuota. O ancora, può essere il Comitato di quartiere, accusato di razzismo perché non accetta la presenza di ghetti formati da centinaia di immigrati costretti a vivere come bestie. L’odio può anche scatenarsi contro uno studente della statale di Milano, colpevole di definirsi di “destra”. Può scatenarsi contro chiunque abbia idee, religione, stile di vita “diversi”. Ed è per questo che voglio fare un appello contro l’intolleranza.

Diciamo no a chi tenta di trasformare la politica e la vita in una guerra “assoluta”. L’intolleranza non ha colore politico ed è per questo che per sconfiggerla è necessario uno sforzo comune di chiunque intenda occuparsi di politica, perché alla base di ogni suo agire vi sia, sì la bellezza e la ricchezza della diversità, ma anche e soprattutto la convinzione di trovarsi di fronte degli avversari e non dei nemici da eliminare.

                                                                  Silvia Ferretto Clementi