Gli
italiani ignorano quanto dovrebbero essere grati ad una certa
"Unione dei Musulmani d'Italia", che sempre più spesso
fanno parlare di sé. Non sappiamo quanti islamici raggruppi e rappresenti,
ma la sua importanza prescinde dal dato strettamente numerico per le ragioni
che non mancheremo di illustrare tra poco. Per intanto ricordiamo che dai
suoi rappresentanti è venuta l'indignata segnalazione dell'affresco che
nella chiesa bolognese di San Petronio rappresenta Maometto nei
tormenti dell'Inferno e la richiesta di sopprimerlo. In realtà pochi
lo avevano notato e pochissimi lo avevano messo in rapporto con il canto
dantesco relativo ai seminatori di scisma e di discordia. Non
sappiamo se la protesta dell'Unione suddetta abbia spinto molte persone a
rileggere quel canto, ma ance se non numerose è, come si dice,
tanto di guadagnato per la conoscenza della nostra letteratura.
Tuttavia non è questo il merito principale di quegli attivi islamici. Esso
è apparso più evidente quando piuttosto chi della "difesa" del
loro profeta condannato dall'Alighieri alle pene eterne essi si sono
occupati delle tradizioni
italiane per condannarle senza appello. "Fuori
dagli edifici pubblici - hanno intimato - il crocifisso e le
madonnine". E' stata questa la loro risposta al Papa che aveva
raccomandato esattamente l'opposto. A quanto pare la presenza di quei
simboli religiosi ad essi estranei offende la loro sensibilità ed è qui
esattamente il problema. I
bravi musulmani dell'Unione hanno dimostrato che ciò che li divide dal
Paese che li ospita non è un fattore razziale e neppure l'elemento
religioso, ma qualcosa di più importante: un dato culturale, quale è la
concezione della convivenza. Essi non si rendono conto che sono ospiti nel
nostro Paese e che come tali dovrebbero rispettare le regole, non soltanto
giuridiche, che lo reggono. E naturalmente la prima regola consiste nel non
comportarsi da padroni. Bisogna
ammettere che una parte del torto spetta a quegli italiani che li hanno
esortati a ritenersi "cittadini", fingendo di ignorare che la
nostra Costituzione quando usa questa parola intende soltanto i cittadini
italiani. Ma una seconda ancora è quella che contraddistingue le nostre
società da numerose altre, una regola che è stata conquistata in secoli di
lotte: quella della tolleranza. E' una regola a cui si sono attenute tutte
le popolazioni entrate a far parte della nostra popolazione. Si pensi, ad
esempio, alla comunità ebraica - che ha una ben più lunga tradizione di
permanenza e di convivenza con le altre popolazioni italiane e che, malgrado
avesse qualche solida ragione storica di insoddisfazione nei confronti della
maggioranza cristiana (si pensi alle limitazioni ed alle umiliazioni che ha
dovuto subire in vari Stati italiani, a cominciare da quello pontificio),
non si è mai sognata di imporre le sue leggi e le sue abitudini a tutta la
collettività di cui fa parte. Terza
e più importante regola è quella del rispetto dell'identità di un popolo.
Per religiosi, per laici, agnostici ed atei il cristianesimo con i suoi
simboli fa parte dell'identità italiana. Il non volersi attenere a queste
regole fondamentali, il volerle anzi contestare è un grande avvertimento
che ci viene dall'Unione dei Musulmani d'Italia, alla quale
perciò dobbiamo essere grati, perché ci mette sull'avviso con un
certo (si spera) anticipo. Ma
si tratta di minoranza, sentiamo invocare dai soliti buonisti. Certamente,
essi sono adesso una minoranza, ma anche a voler ignorare che sono le
minoranze attive e rumorose che trascinano le maggioranze apatiche e
scontente, è così difficile immaginare che una politica di accoglienza
troppo larga possa aver fatto sì che essa assuma un peso sempre più grande
e magari determinante, specie nei confronti di un popolo che come il nostro,
grazie anche alla debolezza di certe istituzioni, non sembra aver forte il
senso della fedeltà alla sua eredità spirituale? |