Articolo pubblicato su "Il Giorno" il 04/12/1997 INDUSTRIE
AD ALTO RISCHIO Sono passati oltre 15 anni
dall’approvazione della direttiva “Seveso”, nata dal dramma
dell’ICMESA, e quasi 10 anni dal recepimento in Italia (DPR
175/1988), ma ciò nonostante le norme per la prevenzione e per
l’informazione dei cittadini sono ancora poco applicate. I molti
incidenti che si sono verificati negli ultimi anni in Italia e in
Lombardia confermano questa tragica realtà . Le inadempienze sulla verifica
degli impianti a rischio e sui piani d’emergenza sono state denunciate
anche dalla Commissione UE alla
Corte di Giustizia . Si tratta di violazioni
ingiustificabili in quanto riguardano la mancata verifica della sicurezza
degli impianti e la mancata
predisposizione dei piani di emergenza in caso di calamità ecologiche. I
piani d’emergenza devono essere elaborati dai Prefetti i quali hanno
anche il compito di informare la popolazione sui rischi. La situazione risulta preoccupante
anche perchè su 456 industrie ad alto rischio censite in tutta Italia
soggette a “notifica” (l’azienda deve descrivere dettagliatamente il
processo produttivo, quali sostanze utilizza, i piani di sicurezza interni
e di evacuazione per le popolazioni circostanti ecc.) sono stati avviati
dai Ministeri e dai vari organismi competenti solo 191 istruttorie e di
queste solo 75 portate a termine. Nella nostra Regione Lombardia ci
sono 7 istruttorie concluse su 88 notifiche una situazione realmente
inquietante se si tiene conto che la maggior parte di queste industrie non
lavorano in luoghi isolati ma nella stragrande maggioranza dei casi in centri
abitati a poche centinaia di metri da case, scuole e uffici. Sono 12.000.000 gli italiani che
vivono e lavorano in aree definite a rischio. E’ quindi evidente la
necessità di una politica di maggiore responsabilità da parte delle
aziende e della pubblica amministrazione, responsabilità che impediscano
la consuetudine dello scarica barile e delle lacrime da coccodrillo dopo
le tragedie. E’ di ieri la notizia
dell’esplosione verificatasi negli stabilimenti della BASF a Cinisello
con il ferimento di 13 operai. Ho visto personalmente quello
stabilimento e ho anche visto la rabbia negli occhi di quei lavoratori
costretti a rischiare la vita per ottenere uno stipendio alla fine del
mese. Ho provato la stessa rabbia, la rabbia di chi non vuole rassegnarsi
alle ingiustizie, ai sorprusi, al fatalismo di chi dice tanto non cambierà
nulla . Non sono d’accordo ritengo che la rassegnazione sia il nemico
peggiore di chi fa politica. Come Presidente di Commissione ho
pubblicato un fascicolo con l’elenco completo di tutte le industrie ad
alto rischio in Lombardia e
con le normative in vigore. Questo fascicolo è stato distribuito ad
associazioni e a cittadini. Ho anche ripetutamente richiesto la creazione
di una banca dati informatizzata sulle industrie a rischio e su tutti gli
incidenti che si sono verificati negli anni. Non è molto ma è un passo
significativo verso l’informazione che in molti casi si traduce in
prevenzione e in salvaguardia al diritto fondamentale alla sicurezza di
ogni lavoratore e di ogni cittadino. Il Presidente Formigoni ha stanziato 750 milioni nel 1997 per avviare la costituzione di
una task force per la prevenzione dei rischi industriali, una decisione
importante che mi auguro venga adottatta in tutte le regioni italiane. Il cammino per la prevenzione
degli incidenti industriali rilevanti si è rivelato molto accidentato
poichè le procedure burocratiche disposte dalla normativa hanno causato
l’accumulo delle pratiche e la mancata conclusione dell’istruttoria
produce effetti dannosi per lo svolgimento degli adempimenti relativi alle
prescrizioni di misure di sicurezza, nonchè alla pianificazione di
emergenza esterna che costituiscono l’aspetto più importante per le
ricadute dirette sulla sicurezza delle popolazioni che vivono nelle
vicinanze degli impianti “a rischio”. Le inadempienze sulla verifica
degli impianti “a rischio” e sui piani di emergenza
hanno trovato conferma dalla notizia (Sole 24 Ore 3.12.1997) della
citazione dell’Italia da parte della Commissione UE avanti alla Corte di
Giustizia per rispondere del mancato rispetto delle direttive comunitarie
in materia. Si tratta di una violazione ingiustificabile in quanto le
direttive in questione erano dirette a tutelare un bene primario
costituzionalmente garantito quale la salute e l’incolumità della
persona, ed erano state emanate proprio a seguito di un “incidente”
avvenuto nel nostro paese che aveva suscitato una eco internazionale. Anche l’entrata in vigore delle
nuove e più severe normative sulla sicurezza del lavoro (D. Lgs 626/1994)
non ha ancora prodotto i mutamenti sostanziali nell’attività
produttiva che riducano al minimo i rischi di incidenti, anche
negli impianti che per la loro natura sono sottoposti a misure particolari
di sicurezza e prevenzione, come nel caso della BASF di Cinisello Balsamo. Si deve sottolineare
l’importanza del ruolo che l’informazione data
ai cittadini può svolgere per la presa di coscienza dell’urgenza
di affrontare il problema dei “rischi di incidenti rilevanti”:
numerose disposizioni in tal senso non sono sufficientemente conosciute. Occorre dare ad ogni lavoratore e
cittadino la corretta e completa informazione sull’esistenza degli
impianti “a rischio” e delle misure adottate di prevenzione, anche per
quanto riguarda gli effetti all’esterno dello stabilimento di ciò che
potrebbe accadere in caso di incidente. Il dovere di informare è
sancito dal DPR 175/88 a carico dei Sindaci in particolare per le
conclusioni del rapporto di sicurezza e per le misure e le norme di
comportamento da seguire in caso di incidente; è, inoltre compito del Prefetto
informare la popolazione sui rischi, sulle misure di sicurezza,
sugli interventi di emergenza, nel caso di impianti soggetti a notifica
che sono di competenza statale. L’informazione ai lavoratori
costituisce un obbligo espressamente dettato dalla legislazione in materia
di sicurezza sul lavoro, (D. Lgs. 626/94) che
agli artt. 3,4 e 21 sottolinea l’esigenza di coinvolgimento e di
partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori alle misure di
prevenzione. A questo proposito, si vorrebbe vedere più concretamente rispettato il diritto
prioritario dei cittadini di essere correttamente informati sui pericoli
che corrono quotidianamente, sulle misure di prevenzione che sono
adottate, nonchè sui piani di emergenza in caso di incidente
particolarmente grave. Ricordo un’iniziativa in tal
senso avviata dalla VI Commissione del Consiglio regionale della Lombardia
che ha pubblicato nel 1996 e messo a disposizione dei cittadini, delle
associazioni e della stampa alcuni fascicoli relativi alla legislazione in
materia di aziende a rischio e di trasporto e smaltimento di rifiuti,
nella convinzione che “ informare è già prevenire”. La Costituzione di un archivio informatico regionale per la raccolta di dati sulle “industrie a rischio” potrebbe rappresentare un segnale di attenzione da parte della Regione Lombardia al problema della diffusione dell’informazione ambientale. Silvia Ferretto Clementi |