Il Consiglio Regionale della Lombardia,
PREMESSO CHE
- La crescente competizione internazionale è causa, oltre che effetto, dei processi di divisione internazionale del lavoro, della delocalizzazione e della dispersione delle fasi produttive in molti Paesi. Tali processi sono alimentati dalla ricerca a livello mondiale della ottimale combinazione dei fattori produttivi.
- In molti paesi europei, Italia inclusa, la bassa crescita e la ridotta competitività fanno emergere difficoltà in un numero sempre più ampio di imprese anche medio-grandi.
- La conseguenza del riposizionamento competitivo cui sono obbligati i Paesi europei determina, nell’immediato, perdite di posti di lavoro, e impone urgentemente un monitoraggio del fenomeno della delocalizzazione nonchè sostegni più incisivi alle produzioni nazionali;
- La libera concorrenza possa esistere solo se le condizioni di partenza sono simili (è evidente che competere con produzioni provenienti da paesi in cui costo del lavoro e carico fiscale sono notevolmente volte inferiori è pressoché impossibile);
- A livello europeo, si sta consolidando un calo di competitività strutturale dovuto ad una spietata concorrenza senza regole, che sta mettendo in ginocchio diversi settori delle economie nazionali dei paesi UE;
- Come ricordato anche dal Ministro delle Finanze francese, Nicolas Sarkozy, i paesi del sud-est asiatico così come anche i paesi dell’Europa dell’est, “nuovi membri UE”, utilizzano per le attività d’impresa un vero e proprio dumping fiscale, applicando sulle società aliquote d’imposta di 10 punti inferiori rispetto a quelle applicate nei “vecchi membri UE” (21% contro 31%);
- Oltre al dumping fiscale in questi paesi viene fatto anche un pericoloso dumping ambientale: normative e controlli ambientali pressoché inesistenti e sfruttamento incontrollato delle risorse naturali (che è sempre bene ricordare appartengono all’umanità e non sono, come pensa qualcuno, rex nullis);
- A tutto questo si aggiunge anche un pesante dumping sociale, in quanto nei paesi meta preferita delle delocalizzazioni, i diritti dei lavoratori e persino dei minori vengono gravemente ed impunemente calpestati;
- In questi paesi i salari dei lavoratori sono parecchie volte inferiori a quelli percepiti nei vecchi paesi UE (in Lettonia, per fare un esempio), un operaio specializzato guadagna 170 euro al mese);
- Grazie a queste scorrette politiche di dumping fiscale, ambientale e sociale i costi del lavoro e della produzione sono molto bassi e costituiscono di conseguenza una irresistibile attrazione per le imprese lombarde;
- Il circolo vizioso della concorrenza sleale, mette gli imprenditori lombardi, già fortemente penalizzati da gravi carenze infrastrutturali nel settore dei trasporti, dallo scarso sostegno alla ricerca scientifica e da una burocrazia farraginosa, di fronte ad una scelta spesso obbligata: delocalizzare o chiudere;
- Sono già diverse centinaia le imprese lombarde che hanno trasferito fuori dalla regione i loro investimenti e, in molti casi, anche la produzione;
- La delocalizzazione a fini di ristrutturazione non riguarda solo le industrie “tradizionali” ad alta intensità di manodopera (come l’industria tessile, quella calzaturiera o dei giocattoli), ma anche quelle a prevalenza di capitale (come quella dell’acciaio, dei macchinari, l’industria navale e aeronautica e delle attrezzature elettroniche) nonché importanti aree del settore servizi (come lo sviluppo di software o i servizi di informazione e logistici);
- La delocalizzazione concorre fortemente a creare anche in Lombardia un deserto industriale che impoverisce il territorio già colpito da una grave crisi occupazionale;
- In molti paesi europei è riscontrabile una diffusa tendenza al trasferimento di stabilimenti, che, nell’intento di ottenere guadagni speculativi a breve termine, genera disoccupazione e mette in pericolo la stabilità sociale dell’area interessata;
- Sono state numerose le azioni poste in atto dai lavoratori interessati, dalle loro organizzazioni sindacali, dalle popolazioni nonché dalle autorità locali per difendere i posti di lavoro e la sostenibilità delle imprese;
- Nell’ultimo triennio, un insieme rilevante di aziende ha fatto ricorso alla Cassa integrazione guadagni e a interventi di mobilità o ha cessato l’attività.
- Secondo l’Osservatorio della Provincia di Milano, per il 2004, nella sola provincia di Milano, i disoccupati ammonterebbero a 79.000 unità ed i lavoratori in cassa integrazione a 6500;
- Secondo dati della Camera del Lavoro, in Lombardia vi sarebbero altri 40.000 posti di lavoro a rischio;
- Sia profondamente ingiusto che lavoratori che hanno, per anni, contribuito con impegno e dedizione alla crescita, alla stabilità ed alla prosperità di un’azienda debbano pagare sulla propria pelle una situazione di scarsa competitività determinata dal sistema
- La forza vitale di un’impresa non debba basarsi esclusivamente sulla ricerca esasperata del profitto ma debba puntare anche alla stabilità e alla positiva ricaduta sociale nel lungo periodo;
- Sia fondamentale, nell’interesse dei lavoratori, delle aziende nonché della Nazione stessa, riscoprire il valore dell’etica, non solo come fattore esterno all’economia, ma come condizione necessaria per il suo corretto funzionamento;
- Gli aiuti derivanti dal finanziamento pubblico debbano essere legati ad accordi di lungo termine firmati dalla direzione dell’impresa nei settori dell’occupazione e dello sviluppo locale;
- Le istituzioni, ad ogni livello, abbiano il dovere di assicurare alle imprese servizi ed infrastrutture idonee allo svolgimento di un’attività imprenditoriale;
- Sia giusto sostenere l’internazionalizzazione delle imprese, intesa come penetrazione nei mercati esteri o miglioramento della competitività, ma assolutamente non a scapito delle sedi già esistenti in Lombardia;
- Debbano essere supportate ed incentivate, con finanziamenti ad hoc, esclusivamente quelle imprese che mantenendo gli stabilimenti o le sedi in Italia, puntino a realizzare all’estero insediamenti aggiuntivi e non sostitutivi;
- Sia necessario che Unione Europea, governo nazionale e Regione Lombardia vigilino affinché un’impresa che ha delocalizzato o intende delocalizzare i propri impianti all’estero smantellando quelli nazionali non possa beneficiare di fondi comunitari, statali o regionali;
- Debba essere negato il sostegno comunitario alle imprese che, dopo averne beneficiato in uno Stato membro, trasferiscono le loro unità produttive in un altro paese senza rispettare integralmente i contratti firmati con lo Stato membro in questione;
- Debba essere sviluppato un progetto sulla base della proposta del governo francese, da tempo fortemente impegnato nella lotta alle delocalizzazioni: per convincere le aziende a non emigrare all’estero il Ministro delle Finanze Sarkozy, ha previsto nella legge finanziaria 2005 ingenti contributi per dare vita a “poli di competitività”. In questi nuovi distretti industriali le aziende, beneficiando di esoneri fiscali (nei limiti dei plafond di aiuti autorizzati dalla UE e con l’obbligo di non delocalizzare per almeno i sette anni successivi, pena la perdita di ogni beneficio) e di sinergie anche logistiche con ricerca, formazione ed amministrazioni pubbliche locali, vedrebbero incrementare la loro competitività pur restando sul territorio nazionale;
- Debbano essere inoltre previsti incentivi per piccole e medie imprese (sgravi fiscali, contributi, adozione di misure intese a riqualificare processi produttivi e produzioni) che incontrando maggiori difficoltà nel rispondere alle sfide della globalizzazione, ne incoraggino la persistenza sul territorio nazionale;
- Il “made in Italy” debba essere meglio tutelato contro le contraffazioni e promosso a livello internazionale;
- Come sostenuto dal Presidente della Camera di Commercio di Milano, Carlo Sangalli, sia indispensabile organizzare una nuova edizione degli Stati generali dell’economia e del lavoro in Lombardia
IL CONSIGLIO REGIONALE
ESPRIME
- Viva preoccupazione per la situazione in cui si trovano ad operare le imprese lombarde e per le sue pesanti conseguenze sul mondo del lavoro. Sono ormai più di 5.000 le aziende italiane che hanno investito in attività produttive all’estero. Alcune lo hanno fatto ex novo, altre chiudendo le strutture esistenti in Italia e riaprendole in paesi esteri, con evidenti ricadute negative su posti di lavoro ed economia nazionale;
- La propria solidarietà ai lavoratori direttamente o indirettamente colpiti dalla chiusura e, in particolare dalla delocalizzazione delle imprese
INVITA
- gli assessori competenti a riferire in Commissione sulla situazione occupazionale in Lombardia, sulle misure intraprese o che la Giunta intende intraprendere per affrontare questa vera e propria emergenza sociale e a fornire dati aggiornati sulle imprese lombarde che hanno delocalizzato i propri investimenti o produzioni e sui contributi rilasciati dalla regione Lombardia ad aziende che poi hanno delocalizzato i loro impianti;
INVITA LA GIUNTA
- a non concedere alcun tipo di contributo alle imprese lombarde che abbiano delocalizzato o intendano delocalizzare la propria attività chiudendo le strutture nazionali e a farsi parte attiva affinché vengano al più presto convocati gli Stati generali per l’economia ed il lavoro, come richiesto anche dal Presidente della Camera di Commercio di Milano, Carlo Sangalli.
INVITA LA GIUNTA A FARSI PROMOTRICE PRESSO IL GOVERNO
- affinché vigili sui contributi concessi o da concedere alle aziende italiane negandoli o revocandoli a quelle imprese che delocalizzano chiudendo le strutture sul territorio nazionale;
- affinché l’Italia, seguendo l’esempio francese, crei dei “poli di competitività” che permettano alle aziende italiane di incrementare la propria competitività rimanendo sul suolo nazionale;
- affinché vengano previsti ulteriori incentivi per piccole e medie imprese (sgravi fiscali, contributi, adozione di misure intese a riqualificare processi produttivi e produzioni) per incoraggiarne la persistenza sul territorio nazionale;
- affinché il “made in Italy” venga tutelato contro le contraffazioni e promosso a livello internazionale;
- affinché intervenga presso l’UNIONE EUROPEA:
o a sostegno della proposta presentata dal Ministro delle Finanze francese Nicolas Sarkozy per l’armonizzazione a livello UE delle imposte sulle società;
o perché quest’ultima :
§ neghi contributi UE ai paesi che praticano dumping fiscale, sociale ed ambientale;
§ elabori un codice di condotta volto ad evitare delocalizzazione di imprese sovvenzionate che comportino il trasferimento di posti di lavoro da uno Stato membro all’altro nonché lo spostamento di imprese dall’UE ai paesi candidati con il solo obiettivo di ottenere un sostegno finanziario da parte della UE stessa e di beneficiare della forza lavoro più economica di tali paesi;
§ stabilisca regole, criteri e misure precise per la delocalizzazione e internazionalizzazione, valutando con attenzione il nuovo panorama internazionale ed i problemi ad esso connessi;
§ predisponga e tenga costantemente aggiornato un registro sugli atti lesivi della concorrenza e sulle inadempienze contrattuali da parte delle imprese che beneficiano direttamente o indirettamente di incentivi pubblici;
§ verifichi che in seguito alla concessione di contributi, venga rispettato l’impegno presi per la tutela dell’occupazione a lungo termine;
§ al fine di salvaguardare l’economia ed il sistema produttivo dei suoi Stati membri, si impegni a garantire il libero scambio a livello internazionale nel pieno rispetto dei principi e delle normative internazionali sull’ambiente e sui diritti dell’uomo, introducendo pesanti misure antidumping nei confronti di quei paesi che realizzano le loro produzioni violando gravemente diritti umani e diritto ambientale.
Milano, 04 maggio 2005
Silvia Ferretto Clementi