La sottoscritta Consigliere Regionale PREMESSO CHE nel 1986 il CIPI (Comitato Interministeriale per il coordinamento della Politica Industriale) ha autorizzato la cessione dell’Alfa Romeo alla famiglia Agnelli, sulla base dell’impegno di quest’ultima a garantire il mantenimento dell’identità aziendale, la valorizzazione sul mercato del marchio Alfa e della maggior parte dei suoi modelli, la difesa delle capacità tecniche e progettuali aziendali nonché il mantenimento della struttura produttiva basata, in particolare, sulla potenzialità dei due stabilimenti di Arese e Pomigliano d’Arco e di volumi d’investimento adeguati agli obiettivi indicati; CHE nel 1987 il Governo Prodi e l’IRI hanno svenduto l’Alfa Romeo alla FIAT, accordandole un pagamento dilazionato in 5 rate a partire dal 1992 - ben cinque anni dopo dunque che la Fiat era entrata in possesso dell’Alfa; CHE nei primi anni 90 la casa automobilistica torinese, che non aveva ancora neanche cominciato a pagare, ha chiesto ulteriori fondi allo Stato per aumentare la produzione annua di autovetture e aprire nuovi stabilimenti, assicurando che non avrebbe toccato quelli già esistenti. CHE nel 1991 il CIPI ha dato il proprio assenso al progetto e agli investimenti previsti dalla Fiat per il Sud (quasi 5.000 miliardi), lo Stato ha erogato i fondi e, nonostante gli impegni, la Fiat ha successivamente chiuso diversi stabilimenti al Nord; CHE a tutt’oggi non esiste nemmeno la certezza che il pagamento relativo alla vendita dell’Alfa sia avvenuto; VISTO CHE la Fiat è stata negli anni, anche a titolo di salvaguardia della componente occupazionale, oggetto di numerosi provvedimenti di sostegno da parte dello Stato nell’ordine di diverse migliaia di miliardi di lire; CHE per decenni i governi che si sono succeduti hanno fatto a gara per tutelare gli interessi particolari del gruppo Fiat a scapito di quelli generali dei cittadini; RILEVATO CHE diversamente da quanto concordato, la Rotamfer, una delle aziende dell’insediamento di Arese, qualche anno fa, dopo aver assunto 50 lavoratori ex Alfa, ha poi immediatamente provveduto a metterli in cassa integrazione per due anni e successivamente licenziato. CONSIDERATO CHE dal dicembre 2000 lo stabilimento Alfa Romeo di Arese risulta essere di proprietà della Aig Lincoln e dell’Immobiliare Estate Sei, facente capo al parlamentare dell’UDC Riccardo Conti, che l’avrebbe dato in garanzia al Banco di Brescia CHE nel testo di accordo che Regione, Comuni e proprietà stanno predisponendo è prevista, in caso di mancato rispetto dell’obbligo di assunzione dei 550 operai, una penale irrisoria, pari a sole quindici mensilità lorde per ciascun dipendente, che verrebbe, fra l’altro, versata in un fantomatico fondo pubblico che dovrebbe, ancora una volta, occuparsi di investimenti sull’area creando occupazione RITENUTO CHE le politiche governative attuate sino ad oggi nei confronti dell’azienda torinese e a salvaguardia dell’occupazione nell’area, non abbiano portato ad alcun beneficio ma si siano rivelate, al contrario, sprechi di denaro pubblico con disastrosi risultati in termini occupazionali ed economici, e siano servite esclusivamente a procrastinare una situazione di crisi patologica; CHE la famiglia Agnelli sia riuscita in passato molto abilmente a statalizzare le perdite e a privatizzare gli utili e che tale pessimo esempio non debba più ripetersi CHE dovere delle istituzioni sia in primis quello di difendere gli interessi della collettività dei cittadini e non di privati, per quanto influenti; INTERROGA LA GIUNTA PER SAPERE
Se non ritenga
doveroso garantire i posti di lavoro dei 550 operai dell’area Alfa
Romeo di Arese vincolando in modo univoco la proprietà all’assunzione
dei lavoratori, prevedendo, in caso di mancato rispetto dell’accordo
(mancate assunzioni e/o o licenziamenti successivi), la risoluzione
automatica e ipso iure dell’accordo stesso nonché la revoca di
tutte le autorizzazioni concernenti l’area Ex-Alfa Romeo rilasciate
dalla Regione Lombardia.
Milano, 03
febbraio 2004 |