V
ista l’impossibilità di ottenere la pubblicazione della mia replica alla lettera, pubblicata sul Corriere della Sera il 21 novembre scorso, del Presidente della Fondazione Besta, Carlo Borsani, ritengo, mio diritto, oltre che mio dovere, far conoscere al pubblico la risposta (più sotto riportata) che tale lettera merita.

Caro Borsani, i compromessi li hai fatti tu
Ho letto con stupore la lettera dell’ex assessore alla sanità, Carlo Borsani, il quale, firmandosi Presidente della Fondazione Besta, utilizza, evidentemente, in modo alquanto discutibile, la sua carica per fare mera polemica politica.  Mi domando, tra l’altro e a tal proposito, quali qualifiche professionali o titoli di studio egli possieda per essere stato nominato Presidente dell’Istituto dei Tumori prima e della Fondazione Besta poi. Da una breve ricerca su internet infatti non ho trovato altro che un curriculum vitae nel quale non viene fatto alcun riferimento ai suoi titoli di studio, ma solo ad una qualifica di consulente commerciale.
Per quanto mi riguarda, parlando di coerenza posso, con fierezza, dire di aver sempre mantenuto la schiena dritta, pagandone in prima persona le conseguenze. Per aver cercato di far luce sulla questione bonifiche e della formazione sono stata destituita dalla presidenza della Commissione Ambiente ed anche da quella della Formazione Professionale e per  un reato di ”lesa maestà” nei confronti del fratello del ministro La Russa sono stata espulsa dal partito.

I fatti dimostrano che non sono certo io ad essere scesa a compromessi e ad aver partecipato alla logica partitocratrica. Non ho mai ottenuto nomine lautamente retribuite, non sono mai stata assessore alla Sanità e non mi sono mai prestata ad avallare nomine di direttori generali ASL o altro, sulla base di meri accordi tra segreterie di partito, invece che, come da militanti del nostro ex partito avevano sempre chiesto, attraverso pubblici concorsi.

Se sono consigliere regionale (con una laurea in scienze politiche) lo devo alle 8.000 persone che hanno scritto il mio nome.  Dopo lo scioglimento di AN, solidi motivi (consultabili su www.ferretto.it), nonché la condivisione del programma, mi hanno spinto ad aderire all’Unione di Centro, della quale ho apprezzato la decisione di rifiutare l’annessione a FI, preferendo la tutela della propria identità piuttosto che poltrone ministeriali.

A proposito di valori, infine, chiedo al Signor Borsani come possa riconoscersi nell’ “anarchia dei valori” proclamata da Silvio Berlusconi, leader del suo nuovo partito, partito al quale egli ha aderito senza manifestare il benché minimo dissenso.

Milano, 26 novembre 2009

Cara Ferretto, mai democristiani - Il Corriere della Sera – 21/11/2009
La legittima decisione di Silvia Ferretto di passare all’UDC, mi induce a ricordare lo stato d’animo di molti di noi allora militanti del MSI di fronte alla nascita di An. La preoccupazione maggiore non era l’abbandono di miti valori e obiettivi politici che erano stati la bandiera del partito di Giorgio Almirante in cui eravamo cresciuti fisicamente e politicamente. No la vera preoccupazione era quella di divenire democristiani. Non tanto e non solo perchè aborrivamo la politica fondata solo sul compromesso contingente ma perché non volevamo una politica priva di una vera identità buona per tutte le stagioni e i gusti. Eravamo consapevoli che i cambiamenti intervenuti nella società italiana e in Europa non ci consentivano di restare ancorati al passato ma volevamo che i nostri valori non più filtrati da una cultura politica largamente anacronistica continuassero ad essere di riferimento del nuovo agire politico. La fusione tra An e Fi per dar vita al Pdl ha impresso un’accelerazione verso una forma partito più indistinta e meno caratterizzata. Un passaggio necessitato ma che fa correre il rischio di trasformare il partito in una sorta di supermarket della politica dove ognuno può trovare nei vari scaffali l’offerta personalizzata. Mi si potrà rispondere parafrasando  Humphery
Bogart che questa è la modernità, bellezza ! Personalmente però continuo a credere che senza un forte seppur flessibile, ancoraggio  ideale la politica diventi solo aggregazione transitoria. Taxi sui quali come diceva Enrico Mattei si può salire e scendere a seconda della bisogna. Di fronte a questo scenario resto un nostalgico.  

Carlo Borsani
Presidente della Fondazione Besta