Il
Consiglio Regionale inviti formalmente la Fiat a rivedere il progetto di
dismissione e a rispettare tutti gli impegni assunti, il Parlamento ad
istituire una commissione d'inchiesta sulla gestione di tutti i contributi
e agevolazioni concesse dal Governo italiano al gruppo Fiat e la Giunta
Regionale a svolgere anch'essa un'indagine sulla questione e in
particolare sugli accordi stipulati dalla Regione con l'azienda torinese,
valutando l'utilità della realizzazione ed il mantenimento del Consorzio
C.R.A.A. (Consorzio per la Reindustrializzazione dell'Area di Arese)
rivelatosi, oltre che un ingente costo per le casse pubbliche, totalmente
inefficace nel tutelare sviluppo industriale e occupazione, obiettivi per i
quali era stato costituito - questa la proposta che è stata respinta oggi
in aula consiliare, sostenuta dai soli voti di AN e Radicali.
La
decisione del Consiglio in merito alla questione Fiat ha veramente
dell'incredibile. Pacta sunt
servanda - esordisce Silvia
Ferretto, Presidente della Commissione Cultura e Lavoro della Regione
Lombardia - ed è dovere delle Istituzioni, e quindi anche della Regione,
intervenire affinché gli impegni che sono stati presi dalla Fiat a fronte
di agevolazioni e contributi pubblici per migliaia di miliardi di lire
vengano rispettati.
E
non basta. In un momento in cui, data la persistente crisi economica, si
continuano a chiedere sacrifici ai cittadini, è indispensabile che si avvii
al più presto un'indagine parlamentare su quello che a tutti gli effetti
sembra essere stato il più vergognoso sperpero di denaro pubblico di tutti
i tempi, al fine anche e soprattutto di evitare di continuare a buttare il
denaro dei contribuenti.
Negli
ultimi 15-20 anni la Fiat ha ricevuto dallo Stato, sotto varie forme e a
vario titolo, diverse migliaia di miliardi di lire - continua
l'esponente regionale di AN. A fronte di tutto questo denaro pubblico
l'azienda torinese si è in ogni occasione impegnata ad investire in nuovi
stabilimenti e a tutelare l'occupazione. In
merito all'Alfa, in particolare è bene ricordare che Prodi la vendette
alla Fiat nel 1986 dietro assicurazione di quest'ultima che avrebbe
mantenuto l'identità aziendale, valorizzato sul mercato il marchio Alfa e
la maggior parte dei suoi modelli, difeso le capacità tecniche e
progettuali aziendali, mantenuto la struttura produttiva basata sulla
potenzialità dei due stabilimenti di Arese e Pomigliano d'Arco e volumi
d'investimento adeguati agli obiettivi indicati. La
Fiat, pur essendo entrata in possesso dell'Alfa già nel 1987, cominciò a
pagarla sono nel 1992 e a tutto oggi ancora non esiste certezza che il
pagamento sia stato effettuato nella sua interezza.
Non
è pensabile - conclude Silvia Ferretto - che si possano stipulare
ulteriori accordi con la Fiat se prima non si ottiene che vengano rispettati
quelli che l'azienda torinese ha assunto negli anni passati e per i quali
ha incassato migliaia di miliardi perché purtroppo, nonostante tante
promesse, lo Stato con la Fiat si ritrova sempre a pagare due volte: prima
con i contributi e poi con la cassa integrazione ed i licenziamenti - in un
rapporto quasi sempre direttamente proporzionale.
E poi non si può parlare sempre e solo di Fiat. Sono migliaia le
imprese dell'indotto che entreranno in crisi e che le istituzioni hanno il
dovere di tutelare, aziende che non
chiamandosi Fiat non potranno godere di alcun trattamento di favore, ma al
contrario potranno contare solo su salassi e continui intralci alla loro
attività.
Milano, 28 ottobre 2002