di francesco.ramella@libero.it
LE
CITTÀ? NON SONO MALATE
(Il Sole 24 Ore 28/01/02)
"Siamo
arrivati ad un punto in cui ci stiamo giocando davvero la salute? dobbiamo
deciderci se vivere o morire". "Si muore di polveri nelle nostre
città". "Lo smog uccide 3.500 persone l'anno". La nostra
sarebbe nientemeno che "l'Età dei Veleni". Qualcuno ha persino
sostenuto che, di 56milioni di italiani, una trentina sarebbe di troppo.
Ma la situazione è davvero così drammatica? Sono giustificabili i
divieti di circolazione? E quali sono le soluzioni?
La
qualità dell?aria: mai così buona come oggi
Grazie agli sforzi compiuti in tutti i settori (industria, riscaldamento e
circolazione), l?aria è complessivamente assai più pura oggi di quanto
lo sia stata da un secolo. Dopo oltre cento anni dalla scomparsa, i
licheni, estremamente sensibili all'inquinamento, sono ricomparsi nel
centro di Parigi. Lo smog degli inverni londinesi non è che un ricordo.
Oggi, la concentrazione media delle polveri nelle città europee è
inferiore di cento volte rispetto ai valori registrati a Londra
negli anni '50.
A Milano, negli ultimi dieci anni: il biossido di zolfo è passato dai 79
microgrammi per metrocubo agli 11 (-86%); gli ossidi di azoto sono
diminuiti da 255 a 141 microgrammi (-45%); l'ossido di carbonio è stato
abbattuto dai 5,8 ai 2 milligrammi per metro cubo (-65%); il benzene è
passato da 55 a 5 microgrammi (-90%). Non risponde quindi a verità l'affermazione
secondo la quale l'incremento della mobilità avrebbe vanificato i
benefici della riduzione di emissioni conseguita grazie al progresso
tecnologico.
Oggi, però, l'attenzione è concentrata sulle cosiddette micropolveri (PM10)
cui viene attribuita la parte largamente predominante dei danni dell'inquinamento
atmosferico. E' diminuita la concentrazione delle micropolveri rispetto al
passato? Per quanto riguarda l'Italia, non è possibile dare una risposta
certa a tale domanda in quanto sono disponibili rilevazioni solo per
pochissimi anni. Si può però ragionevolmente ipotizzare che, anche per
questo inquinante, la situazione stia progressivamente migliorando.
Secondo i dati forniti dall'EPA (l'agenzia per l'ambiente degli Stati
Uniti), le emissioni complessive di PM10 sono diminuite dal
1960 ad oggi di oltre due terzi. E, più importante, dal 1988 - anno in
cui sono iniziate le rilevazioni - al 2000 la concentrazione delle
micropolveri nell'aria è diminuita del 25%.
Chi
emette le polveri sottili?
Non vi è dubbio che, in ambito urbano, sia da addebitare al traffico
veicolare la maggior parte delle emissioni di micropolveri. Occorre però
distinguere (e quindi intervenire) secondo il tipo e le caratteristiche di
ogni veicolo. Secondo i dati forniti dall'ARPA della regione Toscana, le
auto catalizzate (circa i 2/3 del parco circolante) emettono
complessivamente l'1% delle polveri sottili, il 7% è attribuibile alle
auto non catalizzate ed il 92% ai veicoli commerciali, agli autocarri ed
ai bus.
Occorre inoltre sottolineare che, in base agli standard previsti dalla UE,
per tutti i principali inquinanti, le emissioni delle auto che saranno
vendute a partire dal 2005 saranno inferiori di oltre l'80% rispetto a
quelle di un veicolo prodotto negli anni '80. Per quanto riguarda più
direttamente il particolato e le particelle incombuste, una casa
automobilistica francese ha recentemente immesso sul mercato un'autovettura
con alimentazione a gasolio le cui emissioni, certificate dall'ufficio
federale tedesco dell'ambiente, sono venticinque volte inferiori al limite
imposto dalla UE.
Il
blocco del traffico: un provvedimento ingiustificato.
Non esiste alcuna prova certa di un solo decesso legato esclusivamente all'inquinamento
atmosferico; per alcuni individui particolarmente vulnerabili
l?inquinamento costituisce un fattore aggravante piuttosto che una causa
diretta di morte. Si moriva di smog a Londra negli anni ?50 ma, come
detto, da allora la qualità dell'aria nelle città è progressivamente
migliorata.
D'accordo, non si muore. Ma quanti anni di vita ci ruba l?inquinamento
atmosferico? Nessuno. Lo scorso anno l'ISTAT ha pubblicato una statistica
sulla durata media della vita nelle Province italiane. Nel 1995 la vita
media in Italia era di 77,9 anni: a Roma ed a Milano, le due città a più
elevata densità di traffico, la speranza di vita era rispettivamente di
78 e 78,2 anni. Diversa era la situazione nel passato. Nel 1850, la
speranza di vita a Londra era pari a 35 anni contro i 40 nel resto della
Gran Bretagna. Una differenza ancora più accentuata si riscontrava all'inizio
del ?900 negli Stati Uniti: nelle aree urbane la vita media era di
quarantaquattro anni a fronte dei 54 nelle aree rurali.
In ogni caso, per quanto marginale, non si può negare che esista un
effetto negativo della "cattiva" qualità dell'aria sulla
salute. E' questa una buona ragione per bloccare la circolazione?
Se così fosse, dovremmo essere coerenti fino in fondo. E bloccare il
traffico non un giorno alla settimana ma sempre. Negli scorsi quindici
giorni di "allarme smog" non vi è una sola persona in Italia
che, uscita di casa al mattino in buone condizioni di salute, non vi abbia
fatto ritorno alla sera perché uccisa dallo smog. In quegli stessi
giorni, sulle strade italiane sono morte più di duecento persone e molti
di più sono stati i feriti gravi.
Senza dimenticare poi il fatto che il blocco del 70% delle auto private
equivale ad una riduzione delle emissioni di micropolveri dell'ordine dell'1%
(sarebbe più efficace il blocco dei bus alimentati a gasolio).
Quale
soluzione?
Tra le svariate idee avanzate in questi giorni, ve n'è una che ha
raccolto un consenso quasi unanime. Per ridurre la mobilità privata
occorre investire per migliorare i servizi di trasporto pubblico, in
particolare il trasporto su rotaia (metropolitane e ferrovie regionali).
Tale tesi non trova conferme nelle realtà. La capacità di sottrarre
traffico alla strada da parte di nuove infrastrutture di trasporto
collettivo è assai modesta. Esistono numerosi esempi di realizzazione di
sistemi di trasporto collettivo in ambito urbano che non hanno comportato
alcuna rilevante riduzione della mobilità privata e della congestione
(alcuni amministratori hanno sostenuto che, poiché il miglioramento dei
servizi di trasporto pubblico non è sufficiente a ridurre la mobilità
privata, occorre deliberatamente peggiorare le condizioni di
circolazione). Londra dispone di un?eccellente rete di metropolitana ma
l?attuale dibattito sul problema traffico ricalca molto da vicino quello
in corso in Italia.
La strada da perseguire non sembra quindi essere quella del potenziamento
del trasporto collettivo (al contrario, è possibile ridurre drasticamente
il livello dei sussidi per la gestione dei servizi: a Londra i ricavi
tariffari coprono oltre l?80% dei costi di produzione) ma, piuttosto, la
realizzazione di autostrade sotterranee ("metrostrade") a
pedaggio. Pur avendo costi di investimento analoghi a quelli di una
metropolitana, una "metrostrada" presenta i seguenti vantaggi:
una più elevata quota di traffico di superficie attratta e, dunque,
maggiori benefici ambientali e in termini di sicurezza, costi di esercizio
più contenuti, introiti da traffico nettamente più elevati ed in grado
di ripagare in tempi brevi l?investimento. A Oslo, negli anni ?90 è stato
realizzato un tunnel che attraversa la città. L?investimento sarà
ripagato nell'arco di poco più di un decennio grazie ai pedaggi riscossi
per l?accesso nell'area urbana. Come ha dichiarato il presidente dell'Unione
dei trasporti pubblici francesi: "Per conquistare appena uno o due
punti di quota di mercato nei confronti dell'automobile, dovremmo
investire cifre colossali in trasporti collettivi. Mandiamo piuttosto le
automobili sottoterra".
PRESUNTA
COLPEVOLE
(Il Sole 24 Ore 04/11/02)
E'
scomparso il piombo, l'anidride solforosa, l?ossido di carbonio ed il
benzene sono in rapida discesa; anche gli ossidi di azoto, più
lentamente, stanno diminuendo. Oggi però ci preoccupano le polveri. Non
che stiano aumentando, anzi. Come ricordava qualche tempo fa il direttore
dell'istituto inquinamento atmosferico del CNR: "Adesso livelli di PM10
di 70 mg/m3
fanno scattare l'allarme a Milano. Probabilmente queste soglie 20 o 25
anni fa erano di 700 microgrammi". Il fatto è che, al contrario di
quanto accadeva con l'atrazina, sono stati adottati limiti sempre più
restrittivi. E così si riparte con blocchi del traffico e targhe alterne,
ogni città con la propria ricetta originale.
Ma
fermare le auto serve a qualcosa? Quasi a nulla.
La quota parte di polveri attribuibile alle emissioni delle autovetture è,
infatti, marginale, intorno al 5-10%.
E' stata in
passato avanzata l'ipotesi che un contributo significativo alla
concentrazione delle polveri derivasse dal consumo di freni, pneumatici, e
dal risollevamento delle polveri da parte del traffico. Ma non è così.
Per rendersene conto è sufficiente dare un?occhiata a quanto è accaduto
negli ultimi dieci anni negli Stati Uniti ed in Gran Bretagna. Il traffico
privato ha continuato a crescere e la frequentazione dei mezzi pubblici a
diminuire. Ciò nondimeno la quantità di polveri fini nell'aria si è
progressivamente ridotta. A Los Angeles si è passati dai 57 mg/m3
del 1998 ai 39 mg/m3
del 1997 con una riduzione del 32%. Nelle cinque maggiori aree
metropolitane inglesi le concentrazioni di PM10 sono diminuite
del 5-7% all'anno e già oggi vengono rispettati i limiti previsti dalla
direttiva UE 30/99 per l?anno 2005.
Dunque, a fronte di un disagio notevole per chi sarà costretto a
utilizzare i mezzi pubblici (chi utilizza l'auto per recarsi al lavoro
impiega in media 20 minuti, con il bus ne servono più del doppio), la
qualità dell'aria è il caso di ribadirlo, mai così buona negli ultimi
cinquanta anni - non subirà alcun miglioramento apprezzabile. Al
contrario, l'incremento del numero di bus in circolazione per far fronte
alla domanda aggiuntiva potrebbe far sì che le emissioni aumentino. Non
sarà il caso di ripensarci?
SMOG
L'EMERGENZA CHE NON C'E'
(Il Sole 24 Ore 03/02/03)
Immaginate
che là dove circolavano mille auto ne restino solo cinquanta. Le nostre
preoccupazioni per l?aria inquinata svanirebbero immediatamente. Ma questo
non può essere che un sogno, vero? No, non è un sogno, è quello che sta
virtualmente accadendo. Cerchiamo di capire.
e quantità di sostanze inquinanti immesse nell'atmosfera dipende: a) dal
numero e dalla tipologia di auto circolanti; b) dall'entità delle
emissioni di ciascun veicolo.
Le emissioni dei gas di scarico delle autovetture sono state assoggettate
a regolamentazione nell'UE a partire dal 1972. Dal 1972 al 1997 le
emissioni delle auto a benzina sono state ridotte di un fattore pari a 20
nel caso dell'ossido di carbonio, di 25 volte per gli idrocarburi e di un
fattore pari a 12 per gli ossidi di azoto (NOx). Analoghe
limitazioni sono state imposte alle vetture alimentate a gasolio a partire
dal 1984. Ulteriori riduzioni delle emissioni verranno conseguite con
l?entrata in vigore nel 2006 della normative EURO IV (già rispettate da
alcuni modelli attualmente sul mercato). Il limite delle emissioni di NOx
per un?autovettura a benzina immessa sul mercato dopo il 2006 risulterà
pari al 3% di quello che doveva essere rispettato da un?auto immatricolata
prima del 1989; per quanto concerne le auto diesel, si avrà nello stesso
periodo una riduzione del livello massimo di emissioni di NOx e
di polveri del 94%).
Tali valori fanno riferimento ad un ciclo di prova omologato e devono
essere rispettati dalle autovetture nuove di fabbrica. Le emissioni reali
sono superiori a quelle previste dalla regolamentazione in quanto
l?efficacia dei dispositivi di abbattimento delle emissioni si riduce con
l'aumentare del chilometraggio dell'autovettura.
All'analisi delle emissioni degli autoveicoli nelle reali condizioni di
funzionamento sono stati dedicati numerosi progetti in ambito UE. Tali
studi hanno portato, oltre che alla quantificazione delle emissioni
unitarie dei veicoli, alla stima delle emissioni complessive del parco
circolante ad orizzonti temporali diversi, per ciascun Paese europeo.
In
presenza di un incremento annuo della mobilità privata pari all'1% annuo,
si può stimare che nelle aree urbane italiane le emissioni complessive si
ridurranno tra il 1990 ed il 2015 del 78% nel caso degli ossidi di azoto e
del 73% per le polveri (agli ossidi di azoto e alle polveri è da
ricondursi la quasi totalità degli effetti negativi di tutte le emissioni
veicolari).
E'
destinato quindi a prolungarsi nel futuro il miglioramento della qualità
dell'aria verificatosi negli ultimi decenni che ha riguardato tutti i
principali inquinanti ed in particolare le "polveri sottili".
Per quanto riguarda i livelli di picco si può rilevare come la
concentrazione massima di PM10 raggiunta a Milano nei primi
mesi del 2002 si attestava intorno ai 400 mg/m3
mentre a Londra, nel 1952, si erano registrate concentrazioni dell'ordine
dei 5.000 mg/m3.
Ancora più significativa è la serie storica del PM5 della
città di Parigi nel periodo invernale, caratterizzata da una riduzione
della concentrazione dai circa 180 mg/m3
del 1956 ai 30 mg/m3
nel 1998.
L'atteso ulteriore miglioramento della qualità dell'aria nel futuro non
potrà essere modificato, se non in misura marginale, anche in presenza di
una significativa riduzione della mobilità privata a favore del trasporto
collettivo come si può intuire anche riflettendo sul fatto che, per
ottenere la stessa riduzione di emissioni, invece di una sola auto
prodotta negli anni '80, sarà necessario togliere dalla circolazione non
meno di dieci vetture a standard Euro IV.
Tanto
meno possono avere qualche rilevanza provvedimenti occasionali di blocco
del traffico o circolazione a targhe alterne che peraltro, a fronte di
benefici del tutto trascurabili, comportano disagi non indifferenti
soprattutto per coloro che risiedono e lavorano in aree periferiche e si
muovono dunque non su direttrici radiali, ben servite dal trasporto
pubblico, ma lungo percorsi tangenziali periferici, in cui l'uso dell'auto
propria non ha alternative.
A
conferma indiretta della modestissima rilevanza delle politiche di
limitazione della circolazione e di sostegno al trasporto collettivo ai
fini dell'evoluzione della qualità dell'aria vi è il caso delle aree
urbane del Regno Unito dove, in presenza di un forte incremento della
mobilità privata e di una riduzione della frequentazione del trasporto
pubblico (trasporto pubblico che costa ai contribuenti inglesi circa un
milione di Euro l?anno a fronte degli oltre 3,5 milioni di spesa pubblica
per questo settore in Italia), il numero di giorni nei quali la qualità
dell'aria è tale da avere un qualche impatto sulla salute si è ridotto
fra il 1993 ed il 2001 da 59 a 21, valore inferiore a quello delle zone
rurali dove si registrano livelli di ozono mediamente più elevati.
QUANTO
FA MALE L'INQUINAMENTO ATMOSFERICO
(Il Sole 24 Ore 03/02/03)
La qualità
dell'aria è migliorata rispetto al passato. Magra consolazione, si
potrebbe obiettare, sapere che una volta si stava peggio. Il vero problema
è: quali sono, oggi, i danni alla salute riconducibili all'inquinamento
atmosferico?
Prova a fornire una risposta a tale interrogativo un recente documento
dell'Accademia francese delle scienze (Académie des sciences Cadas,
Pollution atmospérique due aux transports et santé publique, Parigi,
1999).
Scrivono gli autori del rapporto: "Qual è l'impatto dell'inquinamento
atmosferico sulla salute e la sua rilevanza rispetto agli altri fattori
che sono causa di decessi o malattie? Esistono numerose incertezze su tali
effetti. Le incertezze sono correlate alla piccolezza del rischio.
Mentre esiste una forte correlazione fra consumo di alcool e di tabacco e
mortalità prematura nelle diverse regioni della Francia, non è stato
riscontrato alcun impatto dell'inquinamento sulla speranza di vita o sulla
frequenza dei tumori a scala nazionale o regionale. La vita media è più
lunga nella regione di Parigi ossia nell'area più densamente urbanizzata
e caratterizzata dalla più elevata intensità di traffico. Tali elementi
non consentono di escludere l?esistenza di un impatto sulla salute dell'inquinamento
ma indicano che non si tratta di un effetto rilevante".
Quanto detto per la Francia trova riscontro anche da noi. La città di
Torino presenta livelli di concentrazione di polveri sottili - l'inquinante
atmosferico considerato di gran lunga più pericoloso - tra i più elevati
di Italia. Ciò nondimeno a Torino si vive più a lungo non solo che in
Italia (78,1 anni contro 77,9) ma anche rispetto alle altre province
piemontesi.
E
L'INQUINAMENTO ACUSTICO ?
(Il Sole 24 Ore 03/02/03)
Analogamente
a quanto accaduto per i gas di scarico, anche le emissioni sonore degli
autoveicoli sono state assoggettate, a partire dagli anni '70, a
regolamentazioni via via più restrittive. In ambito europeo, il limite di
rumore consentito per le autovetture è passato dagli 82 decibel del 1970
agli attuali 74 decibel, con una diminuzione della potenza sonora pari all'80%,
equivalente ad una riduzione della rumorosità percepita del 40%.
La riduzione della rumorosità è stata conseguita principalmente agendo
sulle emissioni sonore dei motori che ormai, in molti casi, non
rappresentano più la principale causa del rumore provocato dal traffico,
causa che è invece identificabile nei rumori di rotolamento. I maggiori
sforzi attualmente in atto riguardano, da un lato, l'adozione di
pavimentazioni meno rumorose e, dall'altro, la progettazione di pneumatici
con battistrada scolpiti in grado di sopprimere i fenomeni di risonanza
sonora.
E' stato provato che una moderna pavimentazione fonoassorbente può essere
equivalente ad una riduzione pari a dieci volte il volume di traffico.
Risulta quindi evidente che, anche nel caso dell'inquinamento acustico, l'evoluzione
delle emissioni determinata dal progresso tecnologico,' non possa essere
modificata in misura rilevante da un realistica riduzione della mobilità
privata a favore del trasporto collettivo (il cui impatto non è peraltro
trascurabile).
Per quanto concerne il peso del fattore traffico sul totale dei disturbi
avvertiti dalla popolazione, una ricerca condotta a Londra evidenzia come
le lamentele relative alla mobilità siano relativamente poco numerose
rispetto a quelle che riguardano rumori provenienti da altre abitazioni o
riconducibili ad attività industriali.
UNA
PRIORITÀ: LA SICUREZZA STRADALE
(Il Sole 24 Ore 03/02/03)
Meno
inquinanti e più silenziose, ma non solo. Le autovetture sono diventate
anche di gran lunga più sicure rispetto al passato. In Europa, il tasso
di mortalità per il trasporto stradale si è ridotto fra il 1970 ed il
1996 di un fattore pari a quattro; considerato l?incremento della mobilità
registrato nello stesso periodo, la riduzione del numero di morti è
risultata pari al 45%, pur in presenza di un aumento del numero di
incidenti.
A differenza di quanto detto per l'impatto ambientale dei veicoli, però,
l?intervento pubblico può influenzare in misura rilevante il livello di
sinistrosità stradale come si può evincere dal confronto fra i maggiori
Paesi europei.
L'attuale tasso di mortalità nel Regno Unito è pari alla metà di quello
che si registra in Francia, Germania ed Italia.
Oltre Manica, pur in presenza di un livello di traffico complessivo
analogo a quello italiano, si registrano ogni anno circa 3.500 decessi in
incidenti stradali a fronte degli oltre 6.000 nel nostro Paese.
I risultati conseguiti dai britannici sono, se lo vogliamo, anche alla
nostra portata. Sebbene le misure da adottare per il miglioramento della
sicurezza stradale siano assai articolate, l'elemento fondamentale è
rappresentato dalla regolamentazione del comportamento degli
automobilisti. Tre sono i fattori predominanti: la sobrietà al volante,
il rispetto dei limiti di velocità e l'uso delle cinture di sicurezza. Se
queste tre regole fossero sistematicamente e ovunque rispettate, il
bilancio degli incidenti sarebbe drasticamente ridotto (e non occorre
nemmeno un nuovo codice della strada).